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Greccio, un presepe senza il Bambino

Catacomba di Priscilla - III sec. - Roma
Catacomba di Priscilla – III sec. – Roma

Non è chiaro se il presepe di Greccio si possa considerare il primo mai realizzato: in effetti esistono raffigurazioni della Natività risalenti a prima del IV secolo. Di sicuro il presepe di Greccio è quello più noto ma ciò che pochi sanno è che si tratta di un presepe senza Sacra Famiglia. Secondo la leggenda, nel Natale  1223 dopo il rientro dalla Terra Santa, Francesco d’Assisi fece erigere una mangiatoia e vi portò un asino ed un bue viventi, ma senza la Sacra Famiglia.  Fu solo la parola di Francesco a rendere viva la presenza di Gesù. E del resto tutto ciò è estremamente coerente con l’idea del potere del Verbo che spesso si dimentica.


Il racconto evangelico della natività

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo. (Lc 2, 1-7)

 


Tommaso da Celano (†1265)

È degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore. C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Appena l’ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.

E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme. Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia. Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.

[…] e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria.

Vita prima di Tommaso da Celano, cap. XXX, 84-86.


 

Presepio
di Chiara Frugoni

Avvenire 10-12-2006

Greccio è famosa soprattutto per la rappresentazione del Natale istituita da Francesco nel 1223. Per questo chiese aiuto a un amico, Giovanni, a cui spiegò che avrebbe voluto che il sacerdote celebrasse la messa all’aperto, nella notte stellata, per richiamare «il ricordo di quel Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo… come fu adagiato in una greppia, quando lo misero sul fieno tra il bue e l’asino». Chiese all’amico di fargli trovare la greppia e il fieno; chiese il bue e l’asino, ricordati soltanto dai Vangeli apocrifi (cioè quelli che la Chiesa non ritenne ispirati da Dio). Sorprendentemente però «dimenticò» i protagonisti principali: la Madonna e il Bambino. Non chiese alcun bambino, reale o in immagine, mentre già ai suoi tempi si usava, a Natale, mettere sull’altare una tavola dipinta che rappresentasse la Natività; spesso sacerdoti o ragazzi, debitamente addobbati, si trasformavano in attori, permettendo al pubblico di seguire gli eventi di quella notte straordinaria.

Fu soltanto l’eccellente capacità oratoria di Francesco, che suscitò in un astante una visione, a colmare il vuoto della mangiatoia. A quell’uomo pio «sembrò che il Bambinello giacesse privo di vita nella mangiatoia, e che Francesco gli si avvicinasse e lo destasse da quella specie di sonno profondo». Tommaso da Celano commenta: «per i meriti del santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria».
Con quell’insolita rappresentazione e con la sua predica Francesco lanciò un messaggio preciso (nel 1220 il santo per molti mesi si era trattenuto in Terra Santa, dove si combatteva la quinta crociata): era inutile passare il mare in armi e uccidere in nome della fede. L’importante, per un vero cristiano, era avere Betlemme nel cuore, come appunto in maniera illuminante aveva scritto Tommaso da Celano: per effetto della predica di Francesco «Greccio è di venuta come una nuova Betlemme».
Visti in questa prospettiva acquistano allora un preciso significato quelli che, in un primo momento, potevano sembrare elementi di contorno: il bue, l’asino e il fieno. Infatti in tanti commenti dei Padri della Chiesa (ad esempio Agostino e Gregorio Magno) il bue rappresenta gli ebrei, l’asino i pagani e il fieno l’ostia consacrata. Lo riassume mirabilmente Valafrido Strabone: «Cristo fu adagiato nella mangiatoia perché il corpo di Cristo è posto sull’altare». Il bue e l’asino significano gli ebrei e i pagani che verranno a comunicarsi all’altare.

Il Dio che prospetta Francesco non è il Dio soltanto dei cristiani, ma un Dio creatore di tutto, nei cui piani sono compresi perciò anche gli «infedeli», un Dio che non giudica e non condanna, ma accoglie e redime. A Greccio il Bambino nasce di nuovo attraverso la parola trascinante del santo e l’emozione dei presenti; Betlemme è a Greccio e ovunque nella sorprendente soluzione escogitata da Francesco in risposta al bisogno di liberare con un pellegrinaggio armato i luoghi dell’esperienza terrena di Cristo, propagandato allora dalla Chiesa. La pace fu il punto centrale del progetto di Francesco, instancabilmente ricercata per tutta la vita, pace che coincide con l’essenza stessa del Natale: «Pace in terra agli uomini di buona volontà», annunciano gli angeli nella notte santa (Lc 2,14).

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Giotto, La leggenda del presepe di Greccio. Storie di San Francesco, Basilica superiore di Assisi, 1295 – 1299

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