
Jacopone da Todi (1230-36 circa – 1306) è autore di circa 100 laude in volgare di carattere religioso, in forma di ballate di settenari o ottonari. La conversione, avvenuta sull’onda di una forte esperienza emotiva (scoprì il cilicio sul corpo della moglie morta durante una festa), il suo ingresso nell’ordine francescano, la scomunica comminata dal papa Bonifacio VIII (per essersi opposto alle gerarchie ecclesiastiche) e la vicinanza con l’ala più rigorosa dei francescani lo allontanano progressivamente dalla società umana. Ne deriva una visione cupa e pessimista, caratterizzata, soprattutto nelle laude dialogate, di cui Donna de Paradiso è l’esempio migliore, da una particolare attenzione all’animo umano e ai suoi tormenti. In tal modo, avviene una sorta di ‘umanizzazione’ tanto della Vergine quanto di Cristo (che soffre delle torture inflitte) che, accanto a un linguaggio facilmente comprensibile anche da un pubblico popolare e alla forma della rappresentazione drammatica, contribuisce al forte coinvolgimento dei fedeli.
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«Donna de Paradiso, lo tuo figliolo è preso Iesù Cristo beato.
Accurre, donna e vide che la gente l’allide;
credo che lo s’occide, tanto l’ho flagellato»
«Como essere porria, che non fece follia,
Cristo, la spene mia, om l’avesse pigliato?».
«Madonna, ello è traduto, Iuda sì ll’à venduto;
trenta denar’ n’à auto, fatto n’à gran mercato».
«Soccurri, Madalena, ionta m’è adosso piena!
Cristo figlio se mena, como è annunzïato».
«Soccurre, donna, adiuta, cà ’l tuo figlio se sputa
e la gente lo muta; òlo dato a Pilato».
«O Pilato, non fare el figlio meo tormentare,
ch’eo te pòzzo mustrare como a ttorto è accusato».
«Crucifige, crucifige! Omo che se fa rege,
secondo la nostra lege contradice al senato».
«Prego che mm’entennate, nel meo dolor pensate!
Forsa mo vo mutate de que avete pensato».
«Traiàn for li latruni, che sian soi compagnuni;
de spine s’encoroni, ché rege ss’è clamato!».
«O figlio, figlio, figlio, figlio, amoroso giglio!
Figlio, chi dà consiglio al cor me’ angustïato?
Figlio occhi iocundi, figlio, co’ non respundi?
Figlio, perché t’ascundi al petto o’ sì lattato?».
«Madonna, ecco la croce, che la gente l’aduce,
ove la vera luce déi essere levato».
«O croce, e que farai? El figlio meo torrai?
E que ci aponerai, che no n’à en sé peccato?».
«Soccurri, plena de doglia, cà ’l tuo figliol se spoglia;
la gente par che voglia che sia martirizzato».
«Se i tollit’el vestire, lassatelme vedere,
com’en crudel firire tutto l’ò ensanguenato».
«Donna, la man li è presa, ennella croc’è stesa;
con un bollon l’ò fesa, tanto lo ’n cci ò ficcato.
L’altra mano se prende, ennella croce se stende
e lo dolor s’accende, ch’è plu multiplicato.
Donna, li pè se prènno e clavellanse al lenno;
onne iontur’ aprenno, tutto l’ò sdenodato».
«Et eo comenzo el corrotto; figlio, lo meo deporto,
figlio, chi me tt’à morto, figlio meo dilicato?
Meglio aviriano fatto ch’el cor m’avesser tratto,
ch’ennella croce è tratto, stace descilïato!».
«O mamma, o’ n’èi venuta? Mortal me dà’ feruta,
cà ’l tuo plagner me stuta ché ’l veio sì afferato».
«Figlio, ch’eo m’aio anvito, figlio, pat’e mmarito!
Figlio, chi tt’à firito? Figlio, chi tt’à spogliato?».
«Mamma, perché te lagni? Voglio che tu remagni,
che serve mei compagni, ch’êl mondo aio aquistato».
«Figlio, questo non dire! Voglio teco morire,
non me voglio partire fin che mo ’n m’esc’el fiato.
C’una aiàn sepultura, figlio de mamma scura,
trovarse en afrantura mat’e figlio affocato!».
«Mamma col core afflitto, entro ’n le man’ te metto
de Ioanni, meo eletto; sia to figlio appellato.
Ioanni, èsto mea mate: tollila en caritate,
àginne pietate, cà ’l core sì à furato».
«Figlio, l’alma t’è ’scita, figlio de la smarrita,
figlio de la sparita, figlio attossecato!
Figlio bianco e vermiglio, figlio senza simiglio,
figlio e a ccui m’apiglio? Figlio, pur m’ài lassato!
Figlio bianco e biondo, figlio volto iocondo,
figlio, perché t’à el mondo, figlio, cusì sprezzato?
Figlio dolc’e piacente, figlio de la dolente,
figlio àte la gente mala mente trattato.
Ioanni, figlio novello, morto s’è ’l tuo fratello.
Ora sento ’l coltello che fo profitizzato.
Che moga figlio e mate d’una morte afferrate,
trovarse abraccecate mat’e figlio impiccato!».
Jacopone da Todi, Laude, a cura di F. Mancini, Laterza, Bari 1974
Laude di Iacopone da Todi testo in PDF
Donna de paradiso, recitata da Irene Papas
dallo spettacolo Stabat Mater al Teatro San Carlo di Napoli
sacra rappresentazione su testi di Jacopone da Todi