Mario Liverani, Antico Oriente. Storia Società Economia, Laterza, Bari 1988, pp. 63 e ss
Da Liverani, p. 67: in alto la distribuzione dell’einkorn, in basso quella dell’orzo selvatico
Dal sito di Archeo
L’errore nell’indicazione della Mezzaluna Fertile
http://www.historialudens.it/didattica-della-storia/140-eataly-e-la-mezzaluna-fertile.html
Si dirà: ma come siete pignoli voi storici! Eddai, si tratta solo di un piccolo spostamento. Ma sempre lì, siamo. Sempre Vicino Oriente. Ma vi rendete conto che questi ragazzi non sanno nemmeno dov’è il Vicino Oriente e voi a fare una questione di centimetri? (ecc ecc).
Non è così. Le due immagini fissano due concetti e due racconti storici diversi. Per questo si tratta di un errore grave. La prima racconta che la transizione neolitica si produsse nelle regioni dove nascevano spontaneamente gli antenati dei nostri vegetali da pasto (quelli appunto che troviamo così ben confezionati da Eataly). La seconda, invece, ci dice che questo fenomeno si produsse precisamente nel luogo dove si svilupparono le fastose civiltà egizia e mesopotamiche. Al contrario, la prima ci avverte che – proprio mentre si formava il neolitico – quelle terre mesopotamiche (e egizie) erano paludose e invivibili, e che solo dopo qualche migliaio di anni vennero colonizzate da tribù di agricoltori e pastori, che conoscendo le tecniche di regimentazione delle acque, poterono bonificarle e renderle abitabili.
Quella sbagliata, però, è una ricostruzione di successo. Mette insieme, in un colpo solo, chi “inventa” l’agricoltura e chi “inventa” la civiltà. Il contadino che inventa la zappa e lo scriba che disegna la piramide, chi domestica gli animali e chi inventa la geometria, chi coltiva la terra e chi costruisce le città. Insomma: noi, i civili urbanizzati, siamo quelli. Facile, efficace e coinvolgente. Perciò, questa immagine diventa un’icona e può transitare dai banchi delle scuole all’advertising, dalla storia insegnata a quella pubblica. Ed è stata scelta, credo, non solo per un difetto di informazione, ma anche perché scatena, nell’immaginario del visitatore, un cortocircuito fulmineo fra le sue orecchiette e le grandi civiltà dei fiumi. Fa vendere, è vero, ma, come dicevano due comici baresi, “la cultura è un’altra cosa”.